Modesto Pessimista e Felice Pubblico si incontrano di nuovo. E litigano sui decreti asseverazioni e requisiti tecnici per il 110 %.

Felice Pubblico: Ciao Pessimista, come stai? Ora mi devi pagare il caffè, anzi una cena! Hai visto che finalmente abbiamo in Gazzetta Ufficiale sia il decreto requisiti tecnici sia il decreto asseverazioni per il 110 %?

Abbiamo fatto un lavoro enorme e straordinario per qualità e lungimiranza. E ne siamo orgogliosi. Il paese ci dovrà presto fare un monumento. E tutto questo grazie a noi ministeri ed al nostro Parlamento: noi abbiamo lo sguardo lungo e miriamo al futuro non ci fermiamo a guardare il presente. Ricordati quando… il saggio indica le stelle lo stolto guarda il dito.

Modesto Pessimista: Sì, ho visto i decreti ed ho cominciato a leggere. Quanto alla quantità non c’è dubbio: ci state sommergendo di nuove leggi, nuovi decreti, nuove incombenze burocratiche, nuovi portali ai quali inviare le nostre pratiche, un profluvio di guide, pareri, circolari, interpellanze, FAQ, del MISE , del MEF, dell’ENEA, dell’AdE. E poi corsi di aggiornamento, webinar, pubblicazioni, software, inserti e fascicoli di tutti i giornali e di tutte le riviste e, però, rimane il triste presente con neanche un solo nuovo lavoro già partito.

Quanto alla qualità del vostro lavoro normativo ho davvero tanti dubbi. E ti faccio subito il primo esempio.

Il decreto asseverazioni parla della polizza obbligatoria per i professionisti. Le regole elaborate sono un’assurdità logica e pratica. La polizza deve essere stipulata esclusivamente per le finalità di cui al comma 14 dell’art. 119 del D.L. 34/2020. E perché? Se la polizza copre anche altri rischi è un vantaggio non uno svantaggio. La polizza deve avere un massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi e, incredibile, … per la polizza di assicurazione, siano riportati  … l’importo complessivo assicurato, la disponibilità residua della copertura assicurativa, che deve essere maggiore o uguale all’importo dell’intervento asseverato.

In altre parole la polizza, secondo la legge ed i decreti, deve coprire la somma del valore di tutti i lavori eseguiti ed asseverati nell’ipotesi che tutti i lavori saranno fatti male (probabilità di fallimento pari al 100 %, siamo quindi i peggiori ingegneri del mondo) , che tutti i lavori porteranno al contenzioso ed all’annullamento del beneficio fiscale, che in tutti i casi il professionista avrà torto e l’amministrazione ragione davanti al giudice (cioè esattamente il contrario di quello che accade nella realtà).

La verità è che proprio voi tecnici ministeriali non avete la cultura né della libertà di impresa né della libertà del professionista, di scegliere e valutare, autonomamente ed assumendosene la responsabilità, come lavorare e procedere. È chiaro che una polizza professionale per la RC non ha alcun bisogno di essere diretta esclusivamente al 110 %, che è una valutazione libera ed insindacabile del professionista la scelta del massimale della polizza, e tutti i tecnici sanno che il rischio è dato dal prodotto della probabilità dell’evento calamitoso per il danno ipotizzabile. È il libero professionista ( la parola libero significherà pure qualcosa?) che stabilisce la probabilità che il suo lavoro sia carente. È folle pensare che se ho dieci incarichi, da 1 milione di euro ciascuno, il massimale della polizza debba essere 1 x 10 = 10 milioni di euro assumendo che sbagli, sistematicamente, tutti e dieci i progetti.

Pubblico: Non hai capito niente. Qui i soldi, le risorse finanziarie, ce li mette lo stato, e ne mette anche tantissimi, e deve essere sicuro che in caso di problemi qualcuno rimborsi i danni e paghi le sanzioni. Tu fai discorsi teorici sulla libertà campati per aria. I giornali sono pieni di professionisti che fanno danni e sono disonesti. Lo stato si deve tutelare. E noi abbiamo fatto in modo che i disonesti paghino!

Pessimista: Sei tu che ragioni proprio da dipendente pubblico con lo stipendio assicurato. Non capisci che così facendo il paese rinuncia alla forza propulsiva del libero mercato? Se lo stato vuole essere sicuro che non ci siano truffe faccia in modo di fare funzionare bene ed in tempi certi i tribunali e pubblichi, in GU, leggi comprensibili che non abbiano bisogno di decine di decreti applicativi e di mesi di pareri e circolari per capire cosa vogliano dire.

Con queste leggi super complicate otterrete l’effetto opposto: le ditte serie ed i professionisti bravi ed appassionati (e sono tanti) si tireranno indietro e lasceranno il campo libero alle ditte improvvisate ed ai professionisti cialtroni. Quelli seri, come Eduardo, penseranno… ha da passà ‘a nuttata!

Vedrai che con le vostre leggi… si arricchiranno gli avvocati non gli ingegneri.

Per fortuna tutta questa manfrina terminerà a dicembre 2021. E poi si tornerà, si spera, a lavorare di nuovo seriamente.

Mi viene proprio da pensare che ormai siamo l’unico paese sopravvissuto della scomparsa Unione Sovietica: economia centralizzata e programmata in modo asfissiante. E, infatti, l’URSS è fallita, irrimediabilmente ed in malo modo.

Pubblico: Quello che dici è la riprova di quanto voi professionisti siate retrogradi. Tu sei fuori dal mondo, ormai le cose vanno come diciamo noi e come dice l’Unione Europea, che ci dà ragione.

Vogliamo controllare tutto il vostro operato. Te lo dico chiaramente: in generale, noi, di voi, non ci fidiamo.

Pessimista: E le parcelle? Siamo noi professionisti che non ci fidiamo del Parlamento. Ma come, hanno cancellato la legge sulle tariffe professionali minime e, oggi, vogliono verificare se le nostre parcelle, per lavori privati, sono congrue?  

Capisco che tu hai difficoltà a ragionare in questo modo ma in un mercato libero la parcella è congrua se il committente è disposto a pagarla.

Secondo te la congruità del compenso per il progetto di una villetta può essere demandato allo stesso criterio analitico, indipendentemente dal fatto che sia eseguito dall’Arch. Renzo Piano oppure dall’Arch. Bel Mattone?

E allora che vi inventate nei decreti applicativi? Che si applica, anche nel privato, la normativa del calcolo delle parcelle destinata ai lavori pubblici. Se c’è una cosa sulla quale siamo tutti d’accordo è che tutta la normativa sui lavori pubblici funziona malissimo. Anzi è l’esempio eclatante della depravazione burocratica delle nostre norme, della corruzione, della lentezza dei procedimenti, della mancanza di qualsiasi capacità di controllo sostanziale a fronte, invece,  di asfissianti controlli solo formali.

E voi che fate? Trasferite quello che funziona peggio (le norme sui lavori pubblici) anche ai lavori privati.

Invece del monumento per ringraziarvi, che chiedevi prima, io proporrei  una lapide per ricordare le vostre folli illusioni e i disastri che provocherete con la vostra filosofia.

Pubblico: Dici pure tutto quello che vuoi, tanto comandiamo noi. E anche tu dovrai inserire tutto quello che ti chiederemo nei portali dell’ENEA e nelle banche dati dell’AdE. Altrimenti non lavori! La verità è che noi sappiamo cosa ti serve per essere felice e tu non lo sai. Noi siamo più saggi e più bravi di voi. E quindi noi ti costringeremo ad essere felice come diciamo e vogliamo noi.

Pessimista: Ti rispondo come un grande liberale, Benjamin Constant: lo stato pensi ad esser giusto che ad essere felici ci pensiamo noi!

Pubblico: Basta polemiche, devi accettare il nuovo corso. E poi vedrai che i portali ti saranno di aiuto nel lavoro quotidiano.

Pessimista: Sì, i portali. Un’altra bella invenzione. Ormai siamo passati dalla burocrazia all’algocrazia, il governo, meglio la dittatura, degli algoritmi. Una vessazione ancora peggiore della precedente. Prima con un vecchio modulo cartaceo potevo compilare solo le parti che io ritenevo pertinenti e lasciare in bianco quanto era mera marmellata legislativa. Oggi con il portale o compilo tutti i campi previsti o non mi fa andare avanti e il lavoro si blocca. E cosa sia pertinente lo stabilisce il software e non il professionista, così cristallizzando in maniera invalicabile i vincoli (talvolta stupidi?) dell’algoritmo. L’uso dell’informatica nelle pratiche burocratiche, in Italia, ha, spesso, peggiorato e non migliorato la situazione per il povero cittadino e per il professionista: qualunque pratica informatizzata richiede pagine e pagine di inserimento dati e riferimenti di legge.

È proprio vero quello che diceva un mio brillante collega ingegnere : se fosse nata prima l’ingegneria informatica e poi quella meccanica … saremmo ancora all’età della pietra.

Pubblico: Ormai siamo all’elogio della pazzia. Ma scherzi? Anche l’informatica non ti va bene?

Pessimista: L’informatica mi va benissimo quando è al mio servizio: per esempio, quando videotelefono e parlo tramite Skype con mio figlio che vive negli USA, quando mi fornisce programmi utili al mio lavoro, quando mi consente di consultare enormi banche dati con grande facilità, quando mi permette di scambiare file con tutto il mondo.

Non mi va bene per niente quando è uno strumento di vessazione del cittadino da parte dello stato.

Se fosse possibile farei la seguente prova in campo: chiederei, per esempio,  al cittadino che a Roma richiede la carta di identità, se preferisca la vecchia procedura allo sportello (due ore al massimo per avere il documento, nella peggiore delle ipotesi) o la nuova procedura informatica (da tre settimane a sei mesi per avere il documento, costi triplicati). Scommetto che tutti sceglierebbero la vecchia procedura allo sportello.

Pubblico: Non puoi prendere un caso limite, come quello della carta di identità elettronica a Roma, ed estenderlo a quello che facciamo noi in campo energetico! Noi siamo amici dei cittadini e li aiutiamo, non li vessiamo.

Pessimista: Un altro amico ingegnere mi insegnò un motto divertentissimo: con amici come voi i nemici non servono.

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